Padelle
Padelle.
In epoche recenti, le padelle, in genere, erano di ferro e di fabbricazione industriale. Sopravvivevano, però, nell’uso domestico le vecchie padelle di rame col manico di ferro ereditate dagli avi, oggi appese in bella mostra nelle cucine moderne.
Padella di ferro.
Dopo l’uso, per evitare che arrugginisse, la padella di ferro veniva leggermente unta col grasso di maiale. La padella era usata principalmente per le fritture. Per le salse, veniva usato il tegame di coccio.
Padella (n. i. 268)
provenienza: Leonessa
materiale: ferro
descrizione: fabbricazione industriale
misure: diam. max. cm. 22,5; l. cm. 45
acquisizione: dono di Silvana Pasquali
stato di conservazione: ottimo
anno: 2014
Padelle per tostare.
Le più semplici erano ottenute forando il fondo di una padella di ferro, ma, sebbene meno frequenti, erano anche usate padelle-tostatrici di fabbricazione industriale munite di manovella e setto girevole.
Padella per tostare munita di fori.
Il tipo più comune era la padella di ferro dal fondo munito di fori usata soprattutto per arrostire le ghiande, più raramente le castagne. Queste ultime non sono prodotte localmente.
Padella per tostare con fondo forato (n. i. 203)ù
provenienza: San Vito (Leonessa)
materiale: ferro
descrizione: padella con lungo manico da appoggiare ad apposito treppiede. Il fondo è stato forato utilizzando un chiodo a sezione quadrata di mm. 7 x 7
misure: diam. sup. cm. 36,8; diam. inf. cm. 23; manico: l. cm. 45
acquisizione: dono di Maria Adelaide Di Persio
stato di conservazione: ottimo
anno: 2014
Padella di rame con manico in ottone usata per tostare. Diam. 30,2 h. cm. 6 l. tot. cm. 53. Ocre S. Pietro. Collezione privata.
Padella per tostare con setto girevole.
Di fabbricazione industriale, questo tipo di padella era usata soprattutto per tostare orzo o caffè.
Cuccume o “caffettiere”
Cuccume / “caffettiere” (cùccume).
Cuccume di rame, munite di manico e becco, erano usate per preparare l’orzo, o surrogati del caffè, meno frequentemente il caffé.
Nella foto accanto: Cuccuma di rame con manico in ottone. In corrispondenza al beccuccio, sul corpo, serie di fori a servire da filtro. Diam. alla bocca cm. 10,4 diam alla base cm. 13,4 h. cm. 15,2 (senza coperchio). Ocre S. Pietro.
Collezione privata
Cuccuma con manico in ottone. Fori dietro il beccuccio a servire da filtro. Diam. alla bocca cm. 9,8 diam. alla base cm. 11,9 h. cm. 15,2. Ocre S. Pietro. Collezione privata
Cuccuma di rame. Serie di fori, dietro il beccuccio, a servire da filtro. Diam. alla bocca cm. 8,5 diam. alla base cm. 11,8 h. cm. 16,3. Ocre S. Pietro. Collezione privata
Pentole e tegami di rame
Pentole e tegami di rame.
Dovuto al maggior costo, le pentole di rame erano, in genere, appannaggio delle famiglie abbienti, o poco più abbienti della media. Chi non poteva permettersi questo “lusso”, usava pignatte di coccio di varie forme e dimensioni.
Pentola di rame – pila (n. i. 246)
provenienza: Leonessa
materiale: rame, ferro
descrizione: pentola in rame di forma troncoconica con ingrossamento nella parte inferiore, munita di due manici di ferro fissati ciascuno da tre ribattini, uno in basso, due in alto. L’orlo superiore è cerchiato da un’esigua fascia di rame
misure: h. cm. 26,5; diam. alla bocca cm 23; diam. max. cm. 27,5
acquisizione: dono
stato di conservazione: ottimo
anno: 2015
Tegame di rame non stagnato all’interno. Maniglie d’ottone. Diam. alla bocca cm. 18, h. cm. 10,3. Ocre S. Pietro.
Collezione privata
Pentola in rame con manico di ferro stagnata all’interno. Diam. alla bocca cm. 18,2, h. cm. 18, 4. Ocre S. Pietro.
Collezione privata
Orci
Orci.
Orci di varie forme e dimensioni erano usati per conservarvi prodotti alimentari (specialmente farina e sale). La chiusura era effettuata mediante carta oleata, o stoffa, assicurata al collo del vaso mediante legaccio.
Nella foto: Orcio di terracotta invetriato all’interno e su bocca collo e spalla all’esterno; piede anulare. Proveniente da Pacce, fraz. di Morro Reatino. Diam. cm. 18,8; bocca: diam. cm. 15,8; piede : diam. cm. 11,2 h. cm. 21,5 32,5. Collezione privata.
Orci per lo strutto di maiale.
Lo strutto di maiale – assogna / ‘nsogna – nella dieta della famiglia rurale era normalmente usato al posto dell’olio, la cui produzione esulava dalla rigida economia autarchica d’un tempo. Salse, fritture e perfino dolci erano preparati usando lo strutto di maiale al posto dell’olio. Lo strutto poteva essere conservato nella vescica del maiale, la cui estremità veniva chiusa da un laccio, oppure in recipienti di terracotta invetriata. Gli orcioli adibiti alla conservazione dello strutto erano di dimensioni modeste e muniti, in genere, di una bocca di diametro ridotto.
Orcio in terracotta usato per la conservazione dello strutto di maiale (n. i. 259)
provenienza: fraz. Ocre
materiale: terracotta
descrizione: orcio di terracotta con invetriatura interna ed esterna fin nel terzo inferiore. Corpo cilindrico rastremato in basso e in alto. Piede anulare. Bocca ad orlo ingrossato
misure: diam. max. cm. 14,7; bocca : diam. cm. 10,7; piede : diam. cm. 9,2; h. cm. 17,2
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Stefano Marchetti
anno: 2012
Orcio in terracotta invetriata all’interno e all’esterno. Proveniente da Villa Bigioni, fraz. di Leonessa. Diam. cm 16,6; bocca diam. cm. 9,4; piede : diam. cm. 9,8; h. cm. 16,4. Collezione privata.
Recipienti per l’olio
Recipienti per l’olio.
L’olio compariva assai di rado sulla mensa rurale nelle preparazioni culinarie, veniva usato nella preparazione della salsa di magro con cui veniva condita la tradizionale pasta di Natale, o per condire, nella medesima occasione, le zuppe di legumi usate da tempi immemorabili. A differenza della Valnerina, che presenta fasce climatiche adatte alla coltivazione dell’olivo, l’altopiano leonessano non è adatto a questa preziosa pianta. L’olio lo si comprava a piccole dosi negli spacci alimentari, dove veniva venduto sfuso, oppure direttamente dal venditore d’olio ambulante conosciuto come “l’ojararu”.
Grandi recipienti per l’olio.
Dei grandi recipienti in terracotta destinati a contenere olio, il più notevole ed anche il più antico è quello conservato presso il locale Convento dei Frati Minori. L’orcio risale al 1701.
particolare data: 1701
Nella foto in alto: Interessante notare come il recipiente abbia tre fori, siti a differente altezza, usati per spillare il contenuto. Il foro più alto permetteva di utilizzare l’olio nuovo; il secondo permetteva di prelevare l’olio più maturo; il terzo di prelevare il sedimento (“la morchia”).
Oliera con beccuccio (stagnòla).
In casa, l’olio era conservato in uno speciale recipiente di latta zincata munito di manico e di un lungo beccuccio, conosciuto come “la stagnòla”.
Saliere.
Scomparse, in pratica, dall’uso nel corso degli anni Cinquanta, le saliere tradizionali erano cassettine di legno con coperchio superiore apribile, appese accanto alla cucina, o al focolare. Una saliera era destinata a contenere il sale grosso, l’altra il sale fino.
Recipienti da vino
Recipienti da vino.
Data l’altitudine, Leonessa non produce vino. A parte le varie osterie aperte sia in città che nelle frazioni, quotidiani punti di ritrovo serale per un pubblico esclusivamente maschile, il consumo domestico di vino era abbastanza ridotto, limitato in genere ai momenti festivi. Per l’approvvigionamento, il vino lo si importava dall’Ascolano, dalla vicina Valnerina, oppure dalla piana di Rieti. Vi era anche l’uso, specie da parte di gestori di spacci pubblici, di comprare il mosto lasciandolo fermentare. In questo modo, tuttavia, date le basse temperature autunnali insufficienti a permettere un’adeguata fermentazione, si otteneva un vino decisamente asprigno e soggetto a intorbidirsi. Vi era anche chi importava l’uva e provvedeva personalmente alla vinificazione. Anche in questo caso, tuttavia, si otteneva un vino simile a quello ottenuto partendo dal mosto. Nei lavori agricoli, come dissetante, si usava aggiungere all’acqua una piccola quantità di vino.
Botti.
Le botti da vino, a Leonessa e frazioni, erano usate in prevalenza da osti e rivenditori di vino mentre, per l’uso domestico, si usavano botticelle o damigiane
Damigiane (dàmmiggiàne).
Le damigiane in vetro erano fornite di un rivestimento di paglia, o di assicelle di legno.
Misure di capacità.
Le misure di capacità da vino, in genere, non facevano parte della dotazione famigliare essendo usate negli spacci od osterie. Contrassegnate dal bollo dello Stato, garantivano l’esatta quantità del contenuto. Le misure da vino contenevano un quarto di litro, mezzo litro, un litro. Il nostro Museo possiede un raro esemplare di misura da vino in vigore nello Stato Pontificio (dunque precedente il 1861).
misura da vino dello Stato Pontificio – “mezzetta” (n. i. 262)
provenienza: Leonessa
materiale: vetro
descrizione: antica misura di capacità per vino usata, prima dell’unità d’Italia, nello Stato Pontificio. Sull’orlo superiore, a rilievo, è impresso il bollo caratteristico di queste misure pontificie: il “fiore” a otto “petali” (o “stella” a otto “raggi”)
misure: h. cm. 26,4; diam. cm. 9,8; bocca : diam. (int.) cm. 7
stato di conservazione: buono (incrinatura verticale)
acquisizione: dono di Dino Maddalena
anno: 2010
Cercine
Cercine per il trasporto della conca (roccia / corolla).
Per trasportare la conca, la donna usava collocarsi sulla testa un cercine ricavato da uno straccio arrotolato e piegato a formare un anello. Un tipo speciale di cercine era costruito utilizzando gli steli delle spine di grano e intrecciandoli mediante un elaborato intreccio. Il Museo possiede due rari esemplari di questo tipo di cercine, intrecciati all’epoca della mietitura, provenienti entrambi dalla frazione di San Vito (nn. inv. 213 e 214). Attualmente, la tecnica d’intreccio è perduta.
Cercine per il trasporto della conca – ròccia / corolla (n. i. 213)
provenienza: San Vito (Leonessa)
materiale: paglia
descrizione: cercine da sistemare sopra la testa utilizzato per il trasporto di conche, o canestri. Il cercine è composto da una parte interna, anulare, fatta di fibre di paglia attorno alla quale sono stati intrecciati ad arte legamenti di paglia annodati ciascuno all’estremità superiore
misure: diam. int. cm. 17 max.
acquisizione: dono di Maria Adelaide Di Persio
stato di conservazione: ottimo
anno: 2014
Mestoli e ramaioli
Ramaiolo per attingere (rammèlla).
Appeso a un manico della conca, o adagiato a galleggiare sull’acqua, vi era il ramaiolo usato sia per bere che per attingere. Di rame, con manico in ferro desinente a forma di gancio, il manière era munito di uno o due beccucci, in quest’ultimo caso, per essere impugnato agevolmente anche dai mancini.
Mestolo da attingere, ramaiolo – rammèlla (n. i. 116)
provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: rame stagnato all’interno, manico in ferro ripiegato all’estremità, spianato a martello e fissato al mestolo con tre rivetti
descrizione: il mestolo è munito di due beccucci in modo da poter essere usato sia con la mano destra che con la sinistra
misure: l. tot. 42, 3; mestolo: diam. 12 (esclusi beccucci) e diam. 9; h. cm. 6,8; manico in ferro: l. cm. 32 (fino all’attacco al mestolo) lg. cm. 2, spess. mm. 4
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: dono di Augusto Ciaglia
anno: 2007
Secondo un’antica tradizione, quando, al mattino, il ramaiolo che era stato lasciato poggiato sulla superficie dell’acqua si ritrovava affondato nella conca, si interpretava il fatto come un avvertimento da parte delle anime dei defunti bisognosi di suffragio. Il tema mitico della sete dei morti è presente già dall’antichità nella cultura greca e romana.
Ramaiolo. Dalla frazione di Ocre: l. cm. 42,3; diam. cm. 14 e cm. 11,3. Collezione privata
Recipienti per liquidi e solidi
Conca da acqua (la conca).
La conca in rame serviva al trasporto dell’acqua dal fontanile, o dal pozzo, alla casa. Veniva portata in equilibrio sulla testa appoggiandola su un cercine (ròccia) ottenuto arrotolando strisce di stoffa. La forma a clessidra –“conca a bicchiere”, o “conca a vaso”– è più moderna dell’antica conca abruzzese, anch’essa a due manici, dalle pareti appena rastremate (“conca tonda”). Come in questo esemplare, la conca poteva essere decorata mediante incisioni.
Conca – conca (n. i. 117)
provenienza: Ocre (Leonessa)
materiale: rame stagnato all’interno, manici in rame
descrizione: brocca di tipo abruzzese, interamente in rame compresi i manici a piattina fissati con rivetti di rame; il labbro è saldato al corpo; a un terzo dall’orlo, il diametro si restringe per poi allargarsi fino a raggiungere la misura del diametro della bocca, a una decina di centimetri dalla base si restringe di nuovo. Base concava. Il corpo della brocca è decorato a sbalzo da segmenti a zigzag affiancati da punti. L’orlo è rinforzato tutt’intorno da una piattina di rame alta cm. 2, fissata al labbro da rivetti, sulla quale è stato ribattuto per alcuni millimetri
misure: h. cm. 29; diam. alla bocca cm. 31,6 diam. alla base del labbro cm. 19,6; orlo: h. cm. 9
stato di conservazione: ottimo
acquisizione: acquistata a Stefano Marchetti
anno: 2009
Conca. Diam. alla bocca cm. 53; h. cm. 30. Ocre S. Paolo. Collezione privata
Conca di rame. In questa tipologia, la parte inferiore dei due manici non è fissata al corpo della conca. Diam. alla bocca cm. 30, h. cm, 30,2. Ocre S. Pietro. Collezione privata
Raschiamadia
Raschiamadia.
Per ripulire dai residui di farina e pasta il piano di lavoro interno alla madia, si usava una sorta di raschietto di ferro (rasóra) formato da una lamina piegata a gomito munita di un manico, in genere lavorato a tortiglione, desinente in un gancio per appendere l’attrezzo.
Oltre a questo uso, il raschiamadia era anche usato per tracciare sul pane appena preparato il segno della croce a fini apotropaici nei confronti dell’invidia e del “malocchio”.
Nella foto raschiamadia da Ocre S. Pietro: h. cm. 15,2 lg. max. cm. 9.
Collezione privata
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